giovedì 3 aprile 2008

Etica e Bioetica: Hans Jonas

L’etica e le teorie morali, sono da sempre state al centro della riflessione di filosofi e pensatori: dall’antica Grecia fino ai gironi nostri, la questione dell’agire umano si interseca con quella della verità e della giustizia. Ciò che oggi invece assume tutto un nuovo aspetto, è il fatto che la portata e la potenza dell’agire umano è aumentata a dismisura, minacciando con la propria azione la totalità della vita sulla terra e permettendo, grazie alla tecnica, modificazioni strutturali dell’esistente umano. La nozione di bioetica, interessa proprio questo mutato modo di pensare l’agire nei confronti della totalità della vita sulla terra. Uno dei pensatori contemporanei che per primo ha affrontato il problema è stato Hans Jonas. Egli, riflettendo sulla impossibilità di prevedere gli effetti a lungo termine delle apparentemente piccole modificazioni che la tecnica ci permette di fare, formula una “euristica della paura”: tra le varie modificazioni o interventi che possiamo fare, bisogna dare priorità e valenza allo scenario peggiore che ci si può presentare poiché non possiamo arrischiare il vivente, per una speranza futura ed incerta. Nelle scommesse dell’agire, la totalità della vita sulla terra non può mai essere una posta in gioco. Non siamo autorizzati a modificare le generazioni future o addirittura a non permettere loro l’agire responsabile: dobbiamo preservare l’esistenza di posteri ed il loro esser-così. Ma, se da una parte è facile evitare un olocausto nucleare (nessuno se ne prenderà mai la responsabilità), dall’altra bisogna stare in guardia contro il pericolo strisciante che piano piano mette in pericolo la vita senza neanche accorgersene come, per esempio, l’inquinamento che senza freno aumenta. Se Hume afferma che non c’è nessuna via tra essere e dover essere, ovvero che nessuna fatto della realtà, nessuna esistenza, obbliga l’uomo ad avere un certo comportamento morale, Jonas invece deduce proprio dall’essere dell’uomo la sua responsabilità di fronte all’esistenza della vita sulla terra. L’uomo, rispetto agli altri essere viventi, sceglie liberamente il suo scopo e per questo esso è più responsabile: creato dalla natura come soggetto agente e libero, egli è chiamato a garantire la possibilità che altri esseri possano liberamente porsi degli scopi. Insomma, l’uomo deve essere custode responsabile di quella natura che lo ha fatto essere libero: se ne deve prendere cura. Egli è talmente responsabile che il suo dovere investe il diritto ad esistere delle generazioni che ancora dovranno nascere: non si parla di responsabilità reciproche qui poiché il mio dovere, non è in relazione al diritto di un altro essere vivente ma, esso, deve permettere il diritto (e quindi l’essere responsabile) di un essere non ancora vivente, che quindi adesso non c’è, ma che in generale esisterà in futuro. Per questo l’essere stesso delle cose ci obbliga ad essere responsabili del mondo: le azioni del potere insito in questo stesso essere, generano il contenuto del dover essere. Una riflessione questa, estremamente attuale, dove ogni giorno si compiono scelte determinati per il futuro dei nostri figli e dettate da un progresso troppo spesso miope e sordo. Forse, siamo ancora in tempo per riprenderci da quell’aridità in cui abbiamo gettato, con il nostro agire irresponsabile nei confronti della natura e dell’uomo, la vita. Là, dove il pericolo è massimo, è nascosta l’unica possibilità di salvezza. Solo che dobbiamo impegnarci a pensare, ma soprattutto ad agire, secondo una nuova luce affinché sia ancora possibile la continuazione di tutto quello che conosciamo e di come lo conosciamo. Purtroppo, l’unica luce che sembra guidare il potere dei grandi è la logica del profitto: così facendo, potrebbe restare irrimediabilmente in ombra l’essenziale, la possibilità stessa di una vita sulla Terra.

Nessun commento: